domenica 13 febbraio 2011

Guardando il mondo da un oblò



è una cosa che ho sempre fatto, ho iniziato da piccolina perchè avevo paura di stare in macchina da sola, mi mettevo naso contro il finestrino e guardavo fuori, vedevo la gente passare, i bambini della mia età, gli adolescenti e mi immaginavo come sarei stata da grande, a 20 anni. Grande ,se mi guardo con gli occhi di allora ora sono grande,invece oggi c'è solo la paura di non esserlo per niente. Osservavo e immaginavo; i loro gesti, i colori dei loro abiti mi suggerivano una storia e continuavo a masticare possibili realtà, perchè parlare di "fantasticare"non penso sia la parola più giusta. L'obbiettivo era memorizzare quei volti, perchè in quella città, quella via , quella piazza, sarei sicuramente tornata, volevo ricordarli, volevo riconoscerli.Non volevo che fossero solo comparse, volevo continuare a scrivere le mie storie non lasciare orfani i miei personaggi.
Anche ora scrivo storie, ma non da sola. Ora adoro attaccare bottone così, al supermercato facendo la coda alla casa, davanti ad una vetrina di un bel negozio di scarpe o sul binario della stazione.La stazione è il posto , che prediligo.L a stazione mi fa paura, perchè partire o arrivare rende sempre un po' più soli di prima.Ora non voglio più immaginare, sono curiosa di vedere. Rido davanti alle persone che ai miei input di conversazione si limitano castigatamente a sospirare, con quella rassegnazione tutta italiana, purtroppo ora applicata non solo alle chiacchiere non gradite.Non sono infastidite, quello no,neppure spicce o lapidarie ,anche questo direi proprio per niente, sono quelle persone nate stanche e la flemma del loro entusiasmo è pari alla monotonia dei loro gesti. Questo è un tipico comportamento che noto nei quarnt'enni in giù.Mi pento quando sono consapevole di istigare una mitraglia, che ha più cartucce di me, e sfoga intere giornate di assoluto silenzio in quel risicato quarto d'ora o poco più.E lì pecco di superbia, forse stordita dai lunghi monologhi,mi gonfio di false convinzioni, autocelebrandomi solitaria,  mi fliggo del titolo di "tafano di Atene",ma visto che alla fine della fiera Socrate è morto avvelenato dalla cicuta, più consapevolmente so di essere apostrofata come "una matta rompi balle".Mi piace soprattutto quando le persone non mi parlano solamente ma mi raccontano qualcosa di loro. Ricordo un vecchietto su una panchina. Espi era con gli altri, io mi stavo annoiando, sono andata più avanti da sola, perchè "quando troppo vuoi ma nulla stringi", succede così ti rifugi in quella solitudine di cui hai tanta paura.Mi sono seduta. Poco dopo è arrivato anche Espi. Non mi ricordo di preciso come è nato tutto, ma il signore ci parla, inizia lui, trova un pretesto e si racconta.  Il lavoro in sud America, imparare la lingua, il trasferimento difficile con la famiglia, gli studi in economia e commercio affiancati  alla passione di Kant ed Hegel. Nessuno mi aveva mai parlato con tanto entusiasmo, così per caso, senza un motivo preciso. I suoi interessi, il suo modo di guardare la vita mi ha emozionato. Tra le tante passioni, anche quella per i quadri,l'impressionismo, la pittura en plein air.Lui stesso dipinge, ci invita  a casa sua a vedere le opere, ci scambiamo addirittura il numero.
Una bellissima storia.
Una storia?
 forse qualcosa di più,
una vita .

.
Oggi va molto di moda la parola "CONDIVIDERE" ,ma la domanda è condividere che cosa?
Se ci penso mi si arrovella lo stomaco! 


"Ciao come va?- domanda-
Bene bene"-risposta-
e tutto si consuma così ...
.....
e ancora ...
.....
di cui non vedi più la fine. 
Nessun racconto, nessun entusiasmo.
"qualche novità?"
"tutto regolare"
The Chela





2 commenti:

  1. ehi Mik le cose che hai scritto sono vere, spesso non abbiamo niente da raccontare perché la nostra vita ci sembra vuota. Purtropo non si vive abbastanza pienamente :( Luna

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  2. Ma sai, la cosa che mi fa pensare è che tendiamo ad aprirci di più con le persone che non conosciamo rispetto a quelle di cui ci circondiamo, almeno, ultimamente l'ho spesso notato.Sembra quasi che abbiamo paura del giudizio di coloro che noi stessi definiamo "amici".Un vero e proprio paradosso.
    Troppa sfiducia negli altri e soprattutto in noi stessi.
    Ps mi fa piacere che tu abbia letto! :*

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